I giganti della montagna è l'ultimo dramma, rimasto incompiuto, di Luigi Pirandello. Racconta dell'arrivo di una compagnia di attori ormai ridotti in miseria alla villa della "Scalogna" dove Cotrone - detto il mago - e i suoi amici si sono isolati dagli uomini perché solo fuori dalla 'civiltà' possono dar vita ai loro sogni. Cotrone invita tutta la compagnia a rimanere lì, ma la prima attrice Ilse, che incarna l'idea di purezza e necessità del Teatro, non può accettare. Deve vivere tra la gente, rischiare, offrirsi a un pubblico che forse non capirà e che potrebbe - come accade alla fine di questa storia - annientarla in un furore di violenza e ignoranza. Nella nostra regia il personaggio di Ilse si sdoppia continuamente: sparisce e riappare altrove, cambia timbro e intonazione della voce. È forse il mago Cotrone che evoca il suo doppio e la fa rispecchiare in se stessa? Oppure è un effetto della nostra suggestione? Vogliamo che la nostra Ilse ci lasci in dono il Teatro che non muore, come l'olivo saraceno che Pirandello sognò al centro della scena del terzo atto -mai scritto- a rappresentare il passato, il presente e il futuro....